Patto di famiglia e recesso (limiti?)



Immaginiamo che il genitore titolare di un'azienda o delle partecipazioni societarie individui il figlio assegnatario al quale passare il timone dell'impresa, con buona pace degli altri legittimari, ad esempio, figli già impegnati in altre attività, i quali attendano di ricevere, magari a rate, la loro quota di legittima da parte dell'assegnatario.

Immaginiamo, tuttavia, che dopo il trasferimento, il disponete ci ripensi perchè si accorge che il figlio non gestisca correttamente  l'azienda ceduta.

Immaginiamo anche che ci possa ripensare  l'assegnatario. 

Cosa può succedere?

Ai sensi dell'articolo 768-septies "il contratto Il contratto può essere sciolto o modificato dalle medesime persone che hanno concluso il Patto di famiglia nei modi seguenti: 1) mediante diverso contratto, con le medesime caratteristiche e i medesimi presupposti di cui al presente capo; 2) mediante recesso, se espressamente previsto nel contratto stesso e, necessariamente, attraverso dichiarazione agli altri contraenti certificata da Notaio".

Ci sembra evidente quindi che, al di là della prima ipotesi, che attiene allo  scioglimento consensuale di tutti gli aderenti al patto, nella seconda ipotesi, se contrattualmente prevista, il disponente possa, anche senza addurre alcuna motivazione, ricredersi della sua attribuzione al figlio assegnatario esercitando il recesso e quindi riappropriarsi della azienda  e senza limiti temporali, salvo naturalmente la sua morte.

Ma cosa accade se fosse il figlio assegnatario ad esercitare il recesso, magari anche per non pagare i non assegnatari?

La generica portata dell'art. 768-septies, se da un  lato, offre una ampia tutela al disponente,in ragione della causa del contratto. dall'altro lato, non dovrebbe aiutare l'assegnatario a districarsi dalle proprie obbligazioni.

Come stimagtizzato dalla dottrina più autorevole, il recesso dell'assegnatario non può che essere rivisto con il dovuto coordinamento alla norma generale di cui all'art.1373 c.c., la quale nel precisare che " se a una delle parti è attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può essere esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione".

Pertanto, ci sembra di poter concludere che se il disponente potrà senza dubbio recedere dal contratto in ogni tempo in ragione della finalità del patto, lo stesso non potrà fare l'assegnatario, se non prima di avere inziato il pagamento di quanto dovuto ai legittimari non assegnatari.

Avv.Francesco Frigieri