Eredità: come si coordina l’accettazione tacita con l’intimazione ad accettare?



Interessante Sentenza della Corte di Cassazione  n.1735, depositata in data 16.1.2024, perché tratta della perdita del diritto di accettare l'eredità, conseguente all'omessa dichiarazione nell'ambito dell'intimazione fatta ai sensi dell’art.  481 c.c., precisando che il decorso del termine senza dichiarazione da parte del chiamato  è priva di effetti qualora sia precedentemente intervenuta l'accettazione tacita, poiché quest'ultima è irrevocabile e comporta il definitivo acquisto della qualità di erede.

Non è stata ritenuta condivisibile  la tesi secondo cui l'effetto del procedimento ex art. 481 cod. proc. civ. consisterebbe, una volta spirato il termine fissato, nella perdita della "qualità di erede con effetti retroattivi"; al contrario, lo spirare del termine determina solo la perdita del diritto di accettare l'eredità, ma soltanto a condizione che non sia già stata precedentemente acquisita la qualità di erede.

Infatti, la qualità di erede non può essere dismessa per volontà o inerzia dell'erede stesso, nemmeno quale conseguenza del procedimento ex art. 481 cod. civ., il quale, peraltro, non contiene di per sé alcun accertamento idoneo al giudicato.

La perdita del diritto di accettare l'eredità (al pari della rinuncia espressa alla medesima) deve reputarsi priva di effetti se intervenuta dopo l'acquisto della qualità di erede; in proposito, si richiama la puntuale statuizione di Cass., Sez. VI-2, Ordinanza n. 15663 del 23 luglio 2020, Rv. 658738-01: "L'atto di accettazione dell'eredità, in applicazione del principio semel heres semper heres, è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l'acquisto della qualità di erede, la quale permane, non solo qualora l'accettante intenda revocare l'atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell'ipotesi in cui questi compia un successivo atto di rinuncia all'eredità.".

Avv. Francesco Frigieri