Fisco: quando è fittizia la residenza all’estero?



Con la sentenza n.29635, depositata l’11.10.2022, la Corte di Cassazione chiarisce i requisiti per poter contestare fondatamente la fittizia  residenza all’estero di un cittadino italiano.

La Corte di Cassazione chiarisce che  in tema d'imposte sui redditi, in base all'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, la residenza fiscale in Italia non può essere esclusa solo dall'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero (AIRE), qualora il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali e ciò in quanto va contemperata la volontà individuale con le esigenze di tutela dell'affidamento dei terzi e, di conseguenza, va riposta prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, in modo riconoscibile dai terzi (v. Cass., 18/11/2011, n. 24246; Cass., 15/06/2010, n. 14434 ) .

Ciò in quanto, nell’interpretazione unanime, l'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 richiede, per la configurabilità della residenza fiscale nello Stato, tre presupposti, indicati in via alternativa, il primo, formale, rappresentato dall'iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, e gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile, con la conseguenza che l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della "scelta" dell'interessato, rilevante solo quanto alla libertà dell'effettuazione della stessa, ma non ai fini della verifica del risultato di quella scelta; a tal fine, dunque, per il principio dell’affidamento, il centro principale degli interessi vitali del soggetto non può che essere individuato dando prevalenza al luogo in cui vi sia l’effettività della  gestione di detti interessi e sempre che sia riconoscibile dai terzi (cfr., Cass. n. 14434/2010cit.; Cass., 16/01/2015, n. 677 ).

In fatto era emerso, tra l’altro, che il contribuente aveva l’effettività in Italia del domicilio, tra cui la titolarità di tre appartamenti, numerose attività professionali legate alla sua attività con percezione dei relativi compensi, l’intensa attività di spesa e d’incasso documentate dagli accertamenti bancari nonché il centro delle sue relazioni personali e familiari.

Avv. Francesco Frigieri