Testamento: è confermabile anche in caso di incapacità ?



📌 CASSAZIONE 16 APRILE 2025, N. 9935.

✍️ Una recente sentenza  della Cassazione (Sez. II Civile, Sent. n. 9935/2025), depositata il 16.4.2025,  fa chiarezza su un punto delicato del diritto successorio: è possibile confermare una disposizione testamentaria quando il testatore era incapace di intendere e di volere?

La risposta è , ma solo se la disposizione proviene comunque dalla sua volontà (seppure viziata) e l’erede che esegue quella disposizione lo fa consapevolmente e in modo inequivoco.

🔍 IL CASO
Una signora redige due testamenti pubblici: uno del 2002 e uno del 2004. Il secondo prevede un legato in favore di un soggetto diverso dal suo erede universale nominato nel 2002. L’erede universale impugna il secondo testamento per incapacità naturale della testatrice. I giudici di merito annullano il testamento del 2004. Ma l’erede insiste: l’altro aveva comunque dato esecuzione a quella disposizione, confermandola implicitamente.

⚖️ LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE     
La Corte chiarisce che:

🧠 “L’art. 590 c.c. si applica anche nei casi di invalidità per incapacità del testatore, purché la disposizione derivi da una volontà (anche viziata) e l’erede, conoscendo il vizio, abbia volontariamente eseguito l’atto.”

L'art. 590 c.c., nel prevedere la possibilità di conferma od esecuzione di una disposizione testamentaria nulla da parte degli eredi, presuppone, per la sua operatività, l'oggettiva esistenza di una disposizione testamentaria che sia comunque frutto della volontà, anche viziata, del de cuius, sicché la conferma delle disposizioni testamentarie nulle non trova applicazione solo in ipotesi di accertata sottoscrizione apocrifa del testamento, la quale esclude in radice la riconducibilità di esso al testatore (Cassazione civile sez. II, 04/07/2012, n.11195; Cassazione civile sez. II, 23/06/2005, n.13487).

Nell'ipotesi di vizi della volontà del testatore, il giudice di merito è tenuto ad accertare sia la volontà del beneficiario di attribuire efficacia all'atto invalido, sia la conoscenza della causa d'invalidità.

La manifestazione di tale volontà e scienza non comporta l'adozione di formule sacramentali ed è anzi implicita nell'esecuzione volontaria della disposizione nulla da parte di chi conosceva la causa invalidante; solo se la convalida avviene mediante atto formale, quest'atto deve contenere i requisiti previsti dall'art 1444 c.c., per la convalida dell'atto annullabile, cioè l'indicazione del negozio invalido e della causa d'invalidità, nonché la dichiarazione che si intende convalidarlo (cfr. Cass. n. 1545/74; l'equiparazione tra l'art. 590 c.c. e l'art. 1444 c.c. è confermato anche da Cass. n. 1403/70).

 La Corte di merito aveva errato nell'affermare che l'art. 590 cc non sia applicabile alle ipotesi di invalidità del testamento per vizi della volontà perché, nel caso in esame, era stato accertato che il testamento era riconducibile alla volontà della de cuius, sebbene priva della capacità di intendere e di volere.

I precedenti citate nella pronuncia impugnata si riferiscono a casi in cui il testamento non sia in radice riconducibile al testatore, quali il testamento falso (Cass. civ. N. 6747/18) ed il testamento apocrifo (Cass. civ. N. 11195/12 e n. 18616/17).

"Nell'ipotesi di testamento invalido per vizi della volontà del testatore, il giudice di merito è tenuto ad accertare sia la volontà del beneficiario di attribuire efficacia all'atto invalido, sia la conoscenza della causa d'invalidità".

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Avv. Francesco Frigieri

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