Eredità: mancata impugnazione del testamento integra donazione indiretta?



La risposta pare affermativa.

Interessante Ordinanza n.23036, depositata il 28.7.23 poiché la Cassazione accoglie il ricorso del figlio, relativamente alla successione del padre, il quale era stato completamente pretermesso dal testamento nella precedente successione della a moglie, così agevolando  la figlia integrando la rinuncia  all’azione di riduzione una donazione indiretta nei confronti dell’erede favorito (in questo caso appunto la figlia).

Il figlio ha potuto quindi far valere tale rinuncia come donazione indiretta.

Nella ricognizione delle ipotesi più significative che l’esperienza giurisprudenziale ha ricondotto all’ambito delle donazioni indirette operata da Cass. SS. UU. n. 18725/2017 viene annoverata anche la rinuncia ad un diritto,  se fatta al fine di avvantaggiare un terzo, (Cass. n. 9872/2000; n. 507/1967), purché sussista fra donazione e arricchimento un nesso di causalità diretta (Cass. n. 15666/2019; n. 1545/1974), ossia se l’arricchimento rientri nella normale sequenza causale originata dalla rinuncia.

Il principio è in particolare stato ribadito con riguardo alla rinuncia abdicativa di un diritto reale minore, come l’usufrutto, che pur si estingue con la morte del titolare ma che, se estinto anticipatamente per rinuncia, ispirata da «animus donandi», del nudo proprietario, si risolve nel conseguimento da parte del dominus dei vantaggi patrimoniali inerenti all’acquisizione del godimento immediato del bene, che gli sarebbe stato sottratto se l’usufrutto fosse durato fino alla sua naturale scadenza (Cass. n. 13117/1997). O, ancora, con riguardo alla rinuncia alla quota di comproprietà di un bene, “fatta in modo da avvantaggiare in via riflessa tutti gli altri comunisti, mediante eliminazione dello stato di compressione in cui il diritto di questi ultimi si trovava a causa dell'appartenenza in comunione anche ad un altro soggetto”, ritenuta donazione indiretta, “senza che sia all'uopo necessaria la forma dell'atto pubblico, essendo utilizzato per la realizzazione del fine di liberalità un negozio diverso dal contratto di donazione” (Cass. n. 3819/2015).

Nel caso di specie, il de cuius, pretermesso dalla successione della propria moglie, che aveva nominato erede universale la figlia, aveva espressamente rinunciato all’esperimento dell’azione di riduzione per reintegra della propria quota ereditaria.

Lo stesso non aveva quindi esercitato un diritto potestativo liberamente disponibile, che ha per effetto quello di verificare l’effettiva lesione della quota di legittima e, quindi, in caso di mancato esercizio, di rendere definitive le attribuzioni patrimoniali compiute dal de cuius.

In conclusione, la Corte ha elaborato il seguente principio di diritto: “La rinuncia del coniuge all’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi  di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento“.

Avv. Francesco Frigieri