La risposta è chiaramente affermativa!
Interessante sentenza n.1228, depositata in data 17.1.2023, con la quale la Corte di Cassazione rigetterà il ricorso di un genitore, il quale attraverso un patto di famiglia aveva ceduto la sua quota nella s.n.c ai figli, sottraendo così la quota alla garanzia del creditore (Banca) nei confronti del quale aveva prestato garanzia fideiussoria per somme particolarmente importanti.
La sentenza appare interessante sotto due ordini di profili:
il primo riguarda la questione processuale, ossia se l’azione revocatoria o di inefficacia dell’atto di cessione debba coinvolgere anche il coniuge ed i legittimari non beneficiari dell’attribuzione. Al riguardo, la Corte preciserà che "nel giudizio intrapreso ai sensi dell'art. 2901 cod. civ. nei confronti di patto di famiglia ai sensi dell'art. 768 - bis cod. civ. non sussiste il litisconsorzio necessario del coniuge e degli altri legittimari che abbiano partecipato al contratto e che abbiano rinunciato in tutto alla liquidazione in loro favore mediante il pagamento da parte degli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti del codice civile". . L'eventuale accoglimento dell'azione non determinerebbe, infatti, alcun effetto giuridico che possa incidere nella sfera giuridica del coniuge o del legittimario avendo costoro rinunciato al loro diritto, ma comporterebbe esclusivamente l'inefficacia relativa dell'atto in riferimento alla sola posizione del coniuge debitore e dei beneficiari dell'atto. Il litisconsorzio necessario è pertanto in tale ipotesi da escludere, mentre ricorre nel caso di rinuncia parziale, perché in questo caso il diritto alla liquidazione permarrebbe per la parte non rinunciata.
Il secondo riguarda la questione di merito, ossia se la pacifica non espropriabilità della quota della società in nome collettivo del socio debitore da parte del creditore prima dello scioglimento della società, impedisca l’esercizio dell’azione revocatoria. Al riguardo, la Corte preciserà che l'azione revocatoria, il cui effetto è la possibilità di promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive o conservative sul bene oggetto dell'atto impugnato (art. 2902, comma 2, cod. civ.), è funzionale al compimento degli atti esecutivi una volta che la quota sia diventata espropriabile per effetto della liquidazione.
Analogamente al creditore particolare del socio, che può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore soltanto alla scadenza della società (cfr. art. 2305 cod. civ., che esclude così l'operatività nella s.n.c. dell'art. 2270, comma 2), il creditore del socio che abbia ceduto la propria quota, una volta che abbia ottenuto la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell'atto di disposizione ai sensi dell'art. 2901, ove risulti perfezionata la liquidazione della quota, può compiere le azioni esecutive, se munito di titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito corrispondente alla somma di denaro rappresentante il valore della quota. "Il creditore, che abbia ottenuta la dichiarazione di inefficacia nei suoi confronti dell'atto di cessione della quota di società in nome collettivo compiuto dal suo debitore, può promuovere nei confronti del cessionario le azioni esecutive, se munito titolo esecutivo, o conservative aventi ad oggetto il credito risultante dalla liquidazione della quota".
Avv. Francesco Frigieri