La risposta, in prima approssimazione, sembrerebbe affermativa, quanto meno per logica.
In realtà, ci sono voluti tre gradi di giudizio per l'ex coniuge per ottenere l'accoglimento del principio, anche se si trattava di una fattispecie particolare nella quale la beneficiaria dell'assegno era gravemente malata.
Con l'Ordinanza n. 354, depositata il 10.1.2023, la Corte di Cassazione accoglierà uno dei motivi del ricorso proposto dal coniuge divorziato, il quale , come detto, si era visto respinta la domanda di riduzione e/o revoca dell’assegno in entrambi primi gradi di giudizio.
Secondo la Corte, i giudici di merito avrebbero errato nel non considerare l’eredità ricevuta dalla ex moglie consistente in immobile importante del valore di oltre € 1.000.000, mentre avevano considerato soltanto le critiche condizioni psico-fisiche dell’erede, la quale non si sarebbe potuta impegnare a ristrutturare l'immobile per renderlo affittabile.
In pratica, i giudici di prime cure avevano neutralizzato il valore oggettivo dell' accrescimento subito dal patrimonio immobiliare dell’ex moglie senza rilevare la possibilità di alienazione parziale o totale dello stesso, considerando solo le condizioni di salute dell’erede, quale impefimento all'esecuzione di costosi lavori edili necessari.
La Corte rileverà, invece, che l’eredità può incidere sulla riduzione/revoca, benché l'immobile sia da ristrutturare e le condizioni di salute della ex moglie rendano complicato affrontare tutti i lavori per la messa a reddito del cespite; opinando diversamente, verrebbe inciso il presupposto giustificativo dell’assegno divorzile e cioè la mancanza di mezzi adeguati ovvero l'impossibilità per ragioni di carattere oggettivo di procurarseli non potendo a quest'ultimo fine ritenersi decisive le precarie condizioni di salute della beneficiaria a prescindere da qualunque sopravvenuta modifica delle condizioni economiche della stessa.
Avv. Francesco Frigieri