Immobile venduto alla moglie, il marito può sostenere la simulazione dell’intestazione?



A volte accade che fra marito e moglie ci sia un accordo attraverso il quale un immobile venga  intestato alla moglie, dando vita ad una cd. Interposizione fittizia di persona, essendo acquirente effettivo il marito.

La fattispecie, oggetto di sentenza della Cassazione n.18049, depositata il 6.6.2022,  ha riguardato proprio   una vendita di un immobile da parte di una società di capitali, di cui era legale rappresentante il marito, il quale come amministratore e spendendo il nome della società,  provvedeva a vendere il bene alla moglie, vendita, tuttavia, simulata, per dichiarazione sottoscritta successivamente della stessa effettiva intestataria.

Il Tribunale rilevava che anche se poteva affermarsi la partecipazione di tutte le parti all'accordo simulato (compravendita) per la controdichiarazione isi sarebbe dovuto produrre l'accordo sottoscritto da tutte le parti di data anteriore o contemporaneo al contratto simulato; secondo il Tribunale  non era possibile provare  per confessione, nemmeno stragiudiziale, il  contenuto di un atto negoziale soggetto alla forma scritta ad substantiam. Né poteva accogliersi la domanda di interposizione reale, poiché nella confessione mancava il riferimento all’obbligo del ritrasferimento dell’immobile dalla moglie al marito.

Anche la Corte d’Appello seguirà la tesi del Tribunale osservando quanto alla domanda di interposizione reale, che le controdichiarazioni non erano ricognitive delle ragioni di acquisto degli immobili e dell’obbligazione di ritrasferimento, escludendo la configurabilità di un rapporto di mandato senza rappresentanza o di un negozio fiduciario.

Proposto ricorso per cassazione da parte del marito, il Supremo Collegio darà ragione al ricorrente affermando che l’accordo dissimulato ben può essere formato successivamente ed anche a distanza di tempo dal negozio simulato, il quale ultimo peraltro era stato sottoscritto da tutti e tre i soggetti, interposto, interponente e terzo.

La Corte affermerà quindi che le controdichiarazioni rilasciate successivamente all’atto simulato (compravendita) con le quali  l’interposto conferma la natura fittizia e simulata dell’intestazione del bene, costituisce atto ricognitivo unilaterale avente valore di astrazione processuale, ai sensi dell’art. 1988 cod. civ. tra le parti, della simulazione di un negozio solenne soggiacendo ad un requisito di forma scritta ad probationem tantum, ma non pure a quello solenne ed ulteriore eventualmente richiesto ad substantiam per l'atto della cui simulazione si tratta.

Le controdichiarazioni, nel rappresentare il documento idoneo a fornire la suddetta prova, sono destinate a restare segrete e possiedono, quindi, un'obbiettività giuridica diversa dalle modificazioni dei patti, le quali implicano un nuovo accordo, modificativo del precedente, realmente voluto e concluso. Così statuendo, peraltro, la Corte aveva ritenuto che la prova della parziale simulazione soggettiva di una donazione non richiedeva, anch’essa, l’atto pubblico, potendo essere fornita mediante una semplice controdichiarazione sottoscritta dalle medesime parti o da quella contro cui questa era stata prodotta.

Avv.Francesco Frigieri