Il Fisco può chiedere i tributi al chiamato all’eredità, che non vi abbia ancora rinunciato?



La risposta è dipende.

La Cassazione, con la sentenza n.10387 depositata il 31.3.2022,  respingerà il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, poiché non era stato dimostrato il possesso dei beni in capo al chiamato, per cui la rinuncia all’eredità, anche successiva alla notifica dell'avviso  accertamento, aveva effetto retroattivo.

La Commissione Tributaria Provinciale darà ragione alla contribuente, come pure la Commissione Tributaria Regionale, talchè, l’Agenzia delle Entrate, proponeva ricorso per cassazione, deducendo nel merito e principalmente che le decisioni delle Commissioni di primo e secondo grado  dovevano ritenersi errate:

-perchè avevano ritenuto valida ed efficace la rinuncia all'eredità della contribuente,  richiamandone l'effetto retroattivo, in relazione al disposto dell'art. 521 cod. civ., dovendo viceversa, trovare applicazione  l'art. 485 cod. civ., assumendo trovarsi la contribuente  nel possesso dei beni ereditari ed essendosi realizzato quindi in capo ad essa l'acquisto della qualità di erede per effetto della c.d. accettazione presunta di cui al menzionato art. 485 cod. civ., non avendo essa provveduto alla redazione dell'inventario nel termine di tre mesi dall'apertura della successione.

-Perché non avevano considerato l'art. 7 del d. Igs. 31 ottobre 1990, n. 346, secondo cui «fino a quando l'eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato».    

 La Cassazione affermerà che le Commissioni di merito avevano fondatamente rigettato le censure dell’Ufficio muovendo, sul presupposto che la chiamata all’eredità non fosse nel possesso dei beni ereditari, per cui si applicava l'art. 521 cod. civ., che, sancendo l'effetto retroattivo della rinunzia, al primo comma stabilisce che « chi rinunzia all'eredità è considerato come se non vi fosse stato mai chiamato senza che, in ragione di ciò, potesse assumere rilevanza l'omessa impugnazione dell'avviso di accertamento notificato al medesimo dopo l'apertura della successione.

 La Cassazione affermerà, poi, anche che l’art. 7 del d.lgs. 346/90 è norma riferita non già ai tributi posti a carico del de cuius, ma unicamente all'imposta di successione»

 Pertanto ed in conclusione si può affermare che la richiesta di pagamento dei tributi originariamente a carico del de cuius possono essere richiesti al chiamato all’eredità che si provi essere nel possesso dei beni senza aver fatto l’inventario nei tre mesi dall’apertura della successione, mentre tale richiesta non potrà essere avanzata a chi, ancorchè ricevuta la notifica dell’avviso di accertamento, abbia poi rinunciato all’eredità non essendo stato dimostrato di essere stato nel possesso dei beni ereditari ed avendo così la rinuncia effetto retroattivo.

Avv.Francesco Frigieri