Contratto di investimento: quali accorgimenti per evitare responsabilità?



Interessante ordinanza n.13456, depositata in data 17.5.23, con la quale la Corte di Cassazione riformerà la decisione di secondo grado affermando le linee guida che l’intermediario deve seguire per non incorrere in responsabilità nella conclusione del contratto di investimento.

La Corte preciserà al riguardo:

- sia l’obbligo di acquisizione delle informazioni richieste dall’art. 28 del regolamento Consob n. 11522 del 1998 al fine di determinare la profilatura di rischio dell’investitore al momento della conclusione del contratto quadro,

-sia l’obbligo di valutazione di adeguatezza delle singole operazioni.

Al riguardo, l’art. 21 del d.lgs. n. 58 del 1998 stabilisce, al primo comma, che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati (lett. a), acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati (lett. b); in attuazione di tale disposizione il regolamento Consob n. 11522 del 1998, applicabile ratione temporis al caso in esame, pone a carico dell’intermediario obblighi informativi, attivi e passivi (cfr., in tema, Cass. n. 7905/20; n. 16126/20; n. 33596/21). 2.1.

Anzitutto, quindi, l’intermediario autorizzato deve chiedere all’investitore, al momento della conclusione del contratto quadro, notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio (art. 28, comma 1, lett. a), del regolamento Consob, per poi consegnargli il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (art. 28, comma 1, lett. b); inoltre, prima dell’esecuzione della specifica operazione, egli deve comunque fornire all'investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni di tale operazione, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento (art. 28, comma 2); e ancora, in presenza di una disposizione relativa a un’operazione non adeguata per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, egli è tenuto ad astenersi dall’esecuzione di essa, a meno che, dopo aver informato l’investitore di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere, abbia successivamente ricevuto relativo ordine scritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (art. 29 del medesimo regolamento). 3.- V’è, dunque, un collegamento funzionale tra la profilatura dell’investitore, che emerge dall’adempimento dell’obbligo di informazione passiva previsto dall’art. 28, comma 1, lett. a), e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni, che l’art. 29, comma 2, ragguaglia appunto alle «informazioni di cui all'articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati». In questa direzione milita anche il secondo periodo dell’art. 28, comma 1, lett. a), il quale dispone che l’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal singolo contratto di investimento oppure da apposita dichiarazione sottoscritta dall'investitore.

Risulta quindi palese l’erroneità delle statuizioni della sentenza impugnata, posto che il giudice d’appello si è contentato, da un lato, della consegna del documento sui rischi generali dell’investimento alla delegante e, dall’altro, della propensione agli investimenti ad alto rischio del delegato, che ha desunto da altri ordini. 3.1.- L’obbligo di valutazione dell’adeguatezza delle operazioni da un lato non può difatti essere surrogato da informazioni disponibili che provengano da altri rapporti contrattuali (da ultimo, Cass. n. 32631/22; in relazione ai titoli obbligazionari Giacomelli, cfr. Cass. n. 9018/20); né esso viene meno nei confronti dell'investitore aduso a operazioni finanziarie a rischio elevato, risultanti dalla sua condotta pregressa, perché l’obbligo pur sempre risponde all'obiettivo di riequilibrare l'asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole (tra le più recenti, Cass. n. 35789/22; n. 2006/23). Di contro, la mancata acquisizione di informazioni dirette dall’investitore al momento della conclusione del contratto quadro si presenta idonea a determinare un deficit informativo; e poiché l’obbligo di informazione passiva previsto dall’art. 28, comma 1, lett. a) è funzionale alla valutazione di adeguatezza delle singole operazioni che l’investitore porrà in essere, il suo mancato  assolvimento è idoneo ad inficiare la valutazione in questione (Cass. n. 19891/22).

Avv.Francesco Frigieri