Fisco: la dichiarazione di successione implica accettazione dell'eredità?



La risposta sembra negativa,

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.30761 del 19.10.22, ha accolto il ricorso proposto dalla moglie e dal figlio del de cuius in quanto la Commissione Tributaria Regionale li aveva ritenuti eredi per aver presentato la dichiarazione di successione, ancorchè  in tema di obbligazioni tributarie, gravi sull'Amministrazione l'onere di provare l'accettazione dell'eredità da parte del chiamato per potere esigere l'adempimento dell'obbligazione del suo dante causa.

La Corte preciserà che  la chiamata degli eredi che  segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione mediante  fatti concludenti,  oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 c. c. (...).

In considerazione di ciò, spetta a colui che agisca in giudizio nei confronti del preteso erede per debiti del de cuius, l'onere di provare, in applicazione del principio generale contenuto nell'art. 2697 c.c., 'l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, qualità che non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella sua qualità di erede".

Viene richiamato anche il precedente della Corte (Cass. 8053/17) osservando, da un lato, che anche in materia tributaria l'assunzione delle obbligazioni del de cuius richiede l'accettazione dell'eredità; e, d'altro lato, che, a fronte dell'esercizio del diritto di rinuncia, è onere della parte pubblica provare l'insussistenza dei relativi presupposti e la decadenza dal medesimo; - né può dirsi che l'amministrazione finanziaria sia priva di strumenti volti a fronteggiare l'incertezza, nella realizzazione della pretesa impositiva, derivante dal protratto stato di delazione ereditaria; spettando ad essa, in quanto creditrice, la potestà di far fissare un termine per l'accettazione, ovvero di far nominare un curatore dell'eredità giacente. Così come spetta ad essa, una volta intervenuta, in ipotesi, la rinuncia, il diritto di eventualmente impugnarla in presenza dei presupposti ex art.524 cod.civ.; - neppure l'assunzione della qualità di erede può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, né dalla denuncia di successione, che ha valore di atto di natura meramente fiscale (Cass., sez. 2, 11/05/2009, n. 10729; Cass, sez. 2, 28/02/2007, n. 4783), ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, che rappresenta elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass. sez. 6-5, n. 13550 del 2022; Cass., sez. 2, 6/05/2002, n. 6479; Cass., sez. 3, 10/03/1992, n. 2849); - nella sentenza impugnata, la CTR, non attenendosi ai suddetti principi, ha ritenuto che dai fatti noti indicati nella denuncia di successione - ovvero la qualità dei ricorrenti originari rispettivamente di coniuge e di figlio del de cuius intestatario dell'auto e l'indicazione degli stessi come suoi eredi - si potesse desumere in via presuntiva, secondo l'id quod plerumque accidit, il fatto ignoto - ovvero l'assunzione da parte degli stessi della qualità di erede - salvo prova contraria (prima tra tutte la rinunzia all'eredità) nella specie non fornita.

Avv.Francesco Frigieri