La finta compravendita può essere smascherata solo da uno degli "acquirenti'-donatari?



La risposta pare affermativa.

Con ordinanza n.22662, depositata il 19.7.22, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso del genitore, il quale aveva venduto alla figlia ed al genero un immobile, in realtà donato. Verrà dichiarata quindi la nullità della compravendita  per mancanza dell'atto pubblico, sulla base della dichiarazione resa successivamente solo dalla figlia, anche in rappresentanza dei figli minori, in quanto il di lei marito era nel frattempo deceduto.

La Corte affermerà che la controdichiarazione con la quale era stata riconosciuta  la donazione in luogo della compravendita, costituisce atto di accertamento o di riconoscimento scritto che non ha carattere negoziale e non si inserisce come elemento essenziale nel procedimento simulatorio, di talché non solo non deve essere coeva all'atto simulato, ma non deve neppure necessariamente provenire da tutti i partecipi all'accordo simulatorio, potendo provenire anche dalla sola parte che voglia manifestare il riconoscimento della simulazione, purché si tratti della parte contro il cui interesse è redatta, da quella parte, cioè, che trae vantaggio dall'atto simulato mentre assume, con la controdichiarazione, obblighi diversi e maggiori di quelli che le derivano dall'atto contro cui questa è redatta.

La Corte poi preciserà che la controdichiarazione anche in rappresentanza dei figli minori/eredi, non poteva qualificarsi come atto di straordinaria amministrazione, per il quale doveva richiedersi l’autorizzazione del Giudice Tutelare.

Pertanto, prosegue la Corte, l’avere dichiarato per iscritto che un certo bene, apparentemente acquistato, era stato invece donato dall’alienante, non importava alcuna determinazione d’amministrazione, né pregiudicava il valore di esso bene o lo poneva in pericolo.

In ultima analisi, la Corte affermerà che gli atti compiuti dal genitore che eccedano l’ordinaria amministrazione sono validi, potendo degli stessi chiedersi, nei termini e modi di legge, solo l’annullamento. Principio, questo, ben saldo nell’ordinamento, comunque ribadito da questa Corte, la quale con la sentenza n. 7495, 12/8/1996 (Rv. 499194) ha spiegato che la mancanza di autorizzazione per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione riguardanti i minori di età non dà luogo ad inesistenza o a nullità degli atti stessi, bensì alla loro annullabilità, la quale può essere fatta valere soltanto dal genitore che abbia agito in rappresentanza del figlio o dal figlio medesimo. Pertanto, l'annullabilità, per mancanza dell'autorizzazione del giudice tutelare, dell'accettazione dell'eredità devoluta a minori di età non può essere fatta valere dai coeredi allo scopo di accrescere la loro quota dell'asse ereditario.

Avv.Francesco Frigieri